Onorevoli Colleghi! - Da alcuni anni è chiaro a tutte le forze politiche, imprenditoriali, sociali e culturali che è urgente superare il gap infrastrutturale del nostro Paese. Vi è anche consapevolezza che ciò non può realizzarsi con le sole risorse pubbliche e che, quindi, occorre favorire nei programmi di realizzazione di infrastrutture il coinvolgimento del capitale privato. La formula che consente tale partecipazione è sicuramente quella di affidare con un unico contratto allo stesso soggetto sia l'attività di costruzione dell'infrastruttura, sia quella di gestione della stessa in modo che dalla gestione si possano ricavare le risorse per coprire il finanziamento delle opere.
      Va ricordato che nel nostro Paese tale possibilità sussisteva sin dal 1929. La legge 24 giugno 1929, n. 1137, prevedeva, infatti, che le pubbliche amministrazioni potevano affidare in concessione, anche a privati, la costruzione di opere pubbliche e ciò indipendentemente dall'affidare o non affidare il loro esercizio. Era anche prevista la facoltà di corrispondere la

 

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spesa a carico del pubblico in non più di trenta rate annuali.
      Tale istituto è una delle formule previste dalle direttive comunitarie. Nel nostro ordinamento, prima dell'entrata in vigore del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE 2004/18/CE, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, di seguito denominato «codice», l'istituto era disciplinato dall'articolo 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, che era stato più volte modificato con l'obiettivo di aumentare la convenienza del capitale privato a intervenire nella realizzazione di opere pubbliche. Attualmente la concessione dei lavori pubblici è disciplinata dai capi II e III del titolo III della parte II (articoli 142- 160) del codice che ne ha confermato sostanzialmente le previsioni contenute nella legge n. 109 del 1994, e successive modificazioni.
      L'attuale assetto normativo è, quindi, frutto di più interventi del legislatore. Attualmente sono previsti dalle norme due percorsi: uno di iniziativa pubblica e uno di iniziativa privata. In realtà entrambi presuppongono che la pubblica amministrazione abbia individuato i bisogni cui essa deve dare risposta e le opere strumentali per dare tale risposta. Tale individuazione è il contenuto del programma triennale previsto dall'articolo 128 del codice. A valle di tale programma prendono origine i due percorsi. Il primo prevede che sia l'amministrazione pubblica a redigere il progetto preliminare e i piani economico-finanziari delle opere da realizzare e a indire poi le gare per l'affidamento della concessione; il secondo prevede che siano soggetti definiti «promotori» a presentare progetti preliminari e piani economico-finanziari relativi ad opere previste nel programma e che dopo tale presentazione si apra un particolare procedimento che si conclude con l'aggiudicazione di una concessione di lavori pubblici.
      Entrambi i percorsi si concludono, quindi, con l'aggiudicazione di una concessione di lavori pubblici. Il soggetto concessionario, in entrambi i casi, al fine di acquisire le risorse necessarie per realizzare e per gestire l'opera affidata utilizza la tecnica della «finanza di progetto».
      Questo assetto normativo prevede che l'avviso con il quale le amministrazioni informano i possibili promotori della presenza nei loro programmi di interventi realizzabili con capitale privato deve contenere i criteri, nell'ambito di quelli indicati all'articolo 154 del codice (profilo costruttivo, urbanistico, ambientale, qualità progettuale, funzionalità, fruibilità dell'opera, accessibilità al pubblico, rendimento, costo di gestione e di manutenzione, durata della concessione, durata dei tempi di esecuzione dei lavori, tariffe da applicare, metodologie di aggiornamento delle stesse, valore economico e finanziario del piano, contenuto della bozza di convenzione, assenza di elementi ostativi), in base ai quali si procede alla scelta della proposta.
      L'assetto normativo non è ancora, però, del tutto soddisfacente. In particolare è carente sulla possibilità di coinvolgere il privato nelle cosiddette «opere fredde», sull'ampiezza delle possibili proposte presentabili dai «promotori», sui termini in cui devono essere presentate le proposte, sulla procedura per l'affidamento del contratto a seguito di proposte presentate dai «promotori» e sulle norme in ordine alla tecnica della «finanza di progetto». Tale aspetto non risulta sufficientemente chiarito e risolto dai commi 907, 908, 912 e 913 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), per cui occorre intervenire con opportune nuove norme.
      Sul primo aspetto appare necessario introdurre nel nostro ordinamento, oltre alla «locazione finanziaria» prevista dai citati commi 907, 908, 912 e 913 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, anche il «partenariato pubblico privato», cioè la possibilità di affidare a un soggetto privato una concessione o un altro contratto che comunque comporti la partecipazione dello stesso al finanziamento nonché alla
 

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gestione tecnica o economica dell'opera eseguita.
      L'articolo 143, comma 9, del codice già dispone che «le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare in concessione opere destinate alla utilizzazione diretta della pubblica amministrazione, in quanto funzionali alla gestione di servizi pubblici, a condizione che resti al concessionario l'alea economico-finanziaria della gestione dell'opera».
      La norma ha la finalità di rendere possibile la realizzazione con risorse private di «opere fredde», cioè di opere che non sono strumentali alla prestazione di servizi pubblici vendibili all'utenza e, quindi, tariffabili. Questo è il caso, per esempio, delle carceri, delle scuole e degli ospedali.
      La difficoltà applicativa della norma è nella quasi impossibilità di far rimanere a carico del concessionario l'indicata «alea economico-finanziaria della gestione dell'opera», fatto salvo che questa non sia considerata quella normale di un soggetto che presta servizi. In realtà la confusione è aver chiamato «concessione» un «contratto misto» di costruzione e di servizi di gestione (per esempio nel «carcere» la pulizia dei locali, la preparazione e la distribuzione dei pasti, la lavanderia, la manutenzione dei servizi tecnologici e dell'edificio), con il pagamento della costruzione in più anni con rate costanti o anche crescenti e con il pagamento dei servizi mediante compensi annuali, semestrali o, anche, mensili.
      La soluzione è, quindi, introdurre nel nostro ordinamento una tipologia contrattuale avente ad oggetto le prestazioni di tali attività e ciò può essere ottenuto integrando le definizioni dell'articolo 3 del codice con nuove disposizioni.
      In merito alle opere che possono esser oggetto di proposte da parte dei «promotori» è necessario chiarire che esse possono essere non solo le cosiddette «opere calde», e cioè quelle suscettibili di gestione economica, ma anche le «opere fredde» o quelle la cui realizzazione è un obbligo di legge ma che non risultano inserite nei programmi.
      Le attuali disposizioni prevedono che i termini in cui devono essere presentate le proposte sono il 30 giugno e il 31 dicembre. Tali termini non risultano coerenti con i tempi di approvazione dei programmi triennali e dei bilanci da parte delle amministrazioni aggiudicarci che spesso avvengono con molti ritardi. Di conseguenza il tempo a disposizione dei potenziali «promotori» risulta, in pratica, assai ridotto rispetto a quello teoricamente individuato dal legislatore e ciò non consente la presentazione di proposte studiate in modo approfondito. Sarebbe opportuno prevedere un termine connesso con la pubblicazione dell'avviso.
      La previsione della pubblicazione dell'avviso suggerisce una profonda modifica al procedimento da seguire per affidare il contratto a seguito di presentazione di proposte da parte di «promotori». La norma vigente prevede la presentazione delle proposte, l'esame comparativo delle proposte da effettuare sulla base dei criteri previsti nell'avviso, la scelta della migliore soluzione, l'indizione di una gara per individuare i soggetti da far partecipare alla procedura negoziata e, infine, la procedura negoziata. Sono tre fasi o sottofasi ognuna delle quali presenta rischi di ricorsi e tempi lunghi. Si può, invece, prevedere, che:

          a) qualora, a seguito dell'avviso, siano state presentate più proposte, l'amministrazione affidi direttamente la commessa applicando il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e, quindi, attraverso una comparazione delle proposte presentate e ritenute di pubblico interesse;

          b) qualora, a seguito dell'avviso, sia presentata una sola proposta, ritenuta comunque dall'amministrazione di pubblico interesse, l'amministrazione indica una gara, ponendo tale proposta a base della gara, per individuare, con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, i soggetti da invitare alla procedura negoziata nella quale il promotore può esercitare il diritto di prelazione.

 

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      Deve essere, inoltre, chiarito che qualora un promotore al momento della presentazione della proposta non possegga i requisiti previsti dall'articolo 98 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999 per essere concessionario:

          1) se si verifica il caso di cui alla lettera a), deve acquisirli su richiesta dell'amministrazione aggiudicatrice in un prefissato tempo e comunque prima della conclusione della valutazione comparativa, aggregando altri soggetti, in modo che possa essere aggiudicatario della concessione o del contratto di partenariato pubblico-privato;

          2) se si verifica il caso di cui alla lettera b), deve acquisirli su richiesta dell'amministrazione aggiudicatrice in un prefissato tempo e comunque prima dell'indizione della gara per individuare i soggetti da invitare alla procedura negoziata.

      Sono inoltre previste alcune disposizioni che sono finalizzate a garantire i finanziatori.

 

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